Archeologia

Zona Archeologia di Altilia Saepinum è la città romana di pianura che sorge all’incrocio di due importanti strade: il Tratturo Pescasseroli-Candela attraversato dalle greggi transumanti nei loro spostamenti stagionali e l’altra, ad esso trasversale, che s

Zona Archeologia di Altilia Saepinum è la città romana di pianura che sorge all’incrocio di due importanti strade: il Tratturo Pescasseroli-Candela attraversato dalle greggi transumanti nei loro spostamenti stagionali e l’altra, ad esso trasversale, che scende dal Matese e continua in direzione della fascia costiera.

Il luogo veniva usato già in epoca sannitica come punto d’incontro e di scambio dei prodotti agricoli con quelli pastorali in occasione delle migrazioni stagionali delle greggi, quindi scalo e porto di mercato. La città romana, che è quella che noi oggi vediamo, fu preceduta da una di epoca sannitica che sorgeva sulla montagna retrostante, detta di “Terravecchia”.

Di quell’antico insediamento sono attualmente riconoscibili notevoli testimonianze quali la spendida cinta muraria in opera poligonale il cui perimetro è rintracciabile per buona parte. Sono state individuate lungo il suo circuito tre porte, una delle quali, denominata “del Tratturo”, da cui si diparte quel tratturello trasversale, su menzionato, che scende a valle fino all’incrocio con l’altro più grande.

Delle tre quella in migliore stato di conservazione è la cosiddetta “postierla del Matese”. Questo recinto doveva costituire, in occasione di eventi bellici, il rifugio delle popolazioni che vivevano sparse, in piccoli nuclei, sulle pendici dei monti e nella pianura.

Dopo la sconfitta subita dai Sanniti ad opera dei Romani, la popolazione abbandona il sito di altura di Terravecchia per riversarsi nella pianura, inizia a costruire il nuovo nucleo urbano proprio nel punto d’incrocio delle due strade che diventano le arterie principali: il cardo e il decumano massimo.

La città era già impiantata e organizzata nel II sec. a.C., come attestano diverse strutture individuate attorno al foro e lungo il lato meridionale della cinta muraria.

Alla prima età imperiale si può far risalire la costruzione o il rifacimento dei maggiori e più importanti edifici quali il foro, la basilica, le terme, forse il teatro e soprattutto la cinta muraria. Essa racchiude una superficie di circa 12 ettari corrispondente all’estensione della città che è a pianta quadrangolare.

Lungo il circuito murario, realizzato in opera reticolata, si aprono le quattro porte monumentali in asse con le principali arterie viarie, mentre una serie di torri a pianta circolare sono dislocate lungo l’intero perimetro ad una distanza ci circa 100 piedi l’una d’altra. Le porte sono ad un fornice, fiancheggiate da due torri circolari, chiuse verso l’esterno della saracinesca scorrevole dentro apposite guide azionate dall’alto da una camera di manovra.

Ai lati dall’arco sono due figure di prigionieri barbari a ricordo della vittoria sui Germani secondo gli schemi dell’architettura trionfale e di propaganda vigente a Roma. Completa la decorazione l’iscrizione commemorativa menzionante i due principi della famiglia imperiale Tiberio e Druso che favorirono e finanziarono la costruzione della cinta muraria, voluta dallo stesso Augusto e datata tra il 2 a.C. ed il 4 d.C.

Questo monumento è stato ed è tutt’ora oggetto, negli ultimi tre anni, di un considerevole intervento per riportare in luce il perimetro nella sua interezza. Attualmente è visibile il suo circuito in modo quasi completo, ad eccezione del tratto nord-occidentale fino al raccordo con P.ta Benevento. Un percorso pedonale, delimitato da una siepe sul lato verso la campagna, consente di ammirare la cinta muraria e la serie di crolli, disposti lungo la cortina esterna alle mura, nonchè lastre di pietre riferibili alla cornice marcapiano, corrispondente, probabilmente, al piano di camminamento della cinta.

Il teatro, situato nel settore settentrionale, è l’edificio più monumentale, di esso si conservano l’orchestra e i primi due ordini di gradinate della cavea destinati al pubblico, a questi settori si accede attraverso i due ingressi monumentali detti “tetrapili”. La parte superiore di essa è stata parzialmente inglobata in costruzioni rurali sorte sul suo emiciclo, dal XVIII in poi, conservandone l’andamento semicircolare e attualmente accolgono la sezione museale dedicata alla città e al territorio.

All’incrocio del cardo con il decumano si apre il foro, cioè la piazza, lo spazio destinato agli scambi e mercati inizialmente, centro politico ed amministrativo successivamente. Essa ha la forma trapezoidale, è lastricata con basole di pietra, una iscrizione al centro della pavimentazione reca il nome dei magistrati finanziatori e curatori dell’opera.

Su di essa si aprono i principali edifici pubblici: la curia, i comizi, aule adibite all’espletamento delle attività ufficiali del municipio, ambienti, forse sede del culto dell’imperatore ed altri probabilmente riferibili ad un complesso termale.

Nel corso del 2001 è stata eseguita una campagna di scavo sul lato meridionale del foro per riportare alla luce gli edifici che su di esso affacciavano e dei quali si aveva solo qualche dato emerso da alcuni sondaggi effettuati tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta. E’ stato riconosciuto l’ingresso di un imponente edificio con una fronte di circa venti metri, sopraelevato rispetto alla piazza per la presenza di una scalinata di accesso.

In asse con esso vi era un arco onorario commemorativo dell’illustre giureconsulto Nerazio Prisco, che aveva avuto fortuna nella cancelleria imperiale ai tempi dell’imperatore Traiano. Interessante dal punto di vista cronologico è quanto è emerso dallo scavo del settore di sud-est del foro, per la presenza di sepolture di epoca altomedievale, che poggiano sulla pavimentazione di un grande vano pertinente ad un edificio pubblico, con accesso diretto sulla piazza, risalente all’età imperiale (fine IV-V d.C.).

La presenza di tombe, databili tra il VII-VIII sec. d.C., attesta che il foro era in rovina già da molto tempo se era ricoperto da un interro uniforme ed utilizzato come sepolcreto, allo stesso modo del teatro dove ritroviamo ugualmente seplture riferibili allo stesso periodo. E’ verosimile che, in età longobarda, ci sia stata una rioccupazione di alcune zone della città.

Anche nell’area forense l’indagine archeologica non è ultimata e diversi altri interventi bisognerà prevedere in futuro per rimettere in luce, completamente, questo settore. Di fronte al lato corto del foro, al di là del cardo, si apre la basilica, a pianta rettangolare, suddivisa interamente da un peristilio di venti colonne sormontate da capitelli di stile ionico. Le sue funzioni erano diverse: da quella giudiziaria a quella commerciale e, nella tarda età imperiale, a quella religiosa.

Nelle immediate adiacenze della basilica troviamo un altro edificio interessante tra quella che viene considerata “l’edilizia pubblica minore”: il “macellum”, il mercato destinato alla vendita dei generi alimentari. La pianta è trapezoidale, al centro si apre un atrio di forma esagonale in cui è stata posta una macina di frantoio che funge da vasca, su di esso si aprono botteghe di dimensioni ridotte ugualmente a pianta trapezoidale.

Due sono gli edifici di culto riconosciuti a Sepino: il primo, adiacente al macellum con apertura sul decumano, ha pianta quadrata, diviso in due parti: un ambiente (pronao) preceduto da due pilastri quadrati sulla fronte e un’aula (cella) destinata al culto della divinità. L’altro edificio è ubicato sul lato nord-orientale del foro sulla cui fronte sono allineati dei cippi con dediche a Costantino e Elena, sua madre.

Completano il quadro dell’edilizia pubblica minore tre edifici: l’uno ubicato sul foro al lato dell’edificio di culto indicato come le thermae Silvani così come riportato su una iscrizione rinvenuta che parla di un restauro avvenuto intorno al IV sec. d.C. Il secondo è stato rinvenuto a ridosso delle mura nei pressi di P.ta Boiano, il terzo, presso P.ta Terravecchia, è inglobato in una delle case rurali. L’edilizia privata è conosciuta attraverso i quartieri d’abitazione dislocati lungo il decumano. Ha carattere più signorile la casa detta “dell’impluvio sannitico” per la diversità della pianta che ricalca quella della domus di tipo pompeiano.

Come è tradizione nelle città romane, i monumenti funerari e l’area adibita alle necropoli erano ubicate all’esterno della cinta muraria lungo l’asse viario di maggiore importanza. A Sepino è rispettata questa consuetudine, difatti si possono ammirare due mausolei, ricostruiti nella prima metà del secolo scorso, all’esterno delle P.te Boiano e Benevento, rispettivamente di proprietà della famiglia di Numisio Ligo l’uno e di Ennio Marso l’altro, oltre ad una serie di iscrizioni o rilievi funerari e sepolture ad inumazione che hanno restituito interessanti corredi. Valeria Ceglia

Il Museo Archeologico si trova sulla cavea del teatro allestito all’interno delle abitazioni rurali impiantatesi sulla somma cavea. I vani sono stati resi comunicanti per dare linearità al percorso museale mantenendo inalterati il disegno e la struttura originaria. Trovano posto all’interno materiali provenienti dalla città, dalla necropoli e, in numero assai limitato, dal territorio. I reperti sono ordinati, per quanto possibile, in sequenza cronologica dall’età più antiche fino al basso medioevo. Sono visibili strumenti litici, attribuibili alla fase più antica della preistoria, il Paleolitico, frutto di una sistematica ricognizione di superficie sia nell’ambito del territorio sepinate sia in quelli ad esso limitrofi.

Alla fase ellenistica ( IV-I sec. a.C.) si fanno risalire i materiali esposti nella II sala del Museo provenienti sia dal primo insediamento stabile di pianura, sia dal Santuario in corso di scavo loc. S. Pietro di Cantoni quali vasellame fine da mensa, monete, ornamenti e monili, oggetti di uso quotidiano. La maggior parte del materiale esposto si colloca nell’età imperiale, nel periodo di massimo splendore del municipio romano, proviene quasi tutto dall’area urbana e dalle necropoli ubicate a ridosso di essa. Vuole essere rappresentativo della vita della città: alcuni oggetti sono legati alle attività produttive ed imprenditoriali quali condotte idriche, tegole con i bolli, matrici, compassi, altri reperti sono pertinenti all’illuminazione rappresentata da una ricca campionatura di lucerne, altri legati al tema del giodel tempo libero quali la bambolina, dadi, pedine, altri ancora alla cura della persona come l’occorrente per il trucco, o gli oggetti di abbigliamento: fibule per chiudere il vestito o spilloni per reggere le capigliature. L’ultimo periodo di frequentazione del sito che, con alterne vicende di abbandoni e rioccupazioni si trascina fino al XIII-XIV sec., viene documentato da vario materiale esposto nell’ultima sala. Tra essi è degna di nota una bella fibula di bronzo, ad anello aperto con iscrizione, menzionante un nome germanico femminile, che attesta la presenza di popolazioni di etnia e cultura diverse.

Orario di apertura del Museo Chiusura settimanale Lunedì Estivo Mattina 09:00-13:30 Pomeriggio 15:00-18:30 Invernale Mattina 09:00-13:30 Pomeriggio 15:00-17:30 Tariffe Il biglietto d’ingresso al Museo ( eur 2,00) La biglietteria si trova sulla cavea del Teatro

Pagina aggiornata il 28/02/2024

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